Gruppo vocale Alamire - Commenti ai brani
 

Guida all’ascolto

MARTIN DE RIVAFRECHA (ca. 1479 - 1528)
Anima mea liquefacta est
(motetto a 4 v.)

Anima mea liquefacta est è un motetto di grande espressività, di quella particolare intensità di pathos tipica dell’arte spagnola. Questo motetto racconta un percorso emotivo che può essere letto in una prospettiva umana o mistica, rivolta a Dio, rappresentando così entrambe le anime che convivono nel testo del Cantico dei Cantici. Di fatto, Martin de Rivafrecha ci dimostra come la musica possa “sciogliersi”, struggersi proprio come l’anima della fanciulla del cantico che cerca il proprio amato.
La nostra esecuzione del brano cerca di seguire ed esprimere l’evoluzione del sentimento presente nel testo e nella musica. Possiamo considerare quattro momenti, quattro sentimenti che guidano la costruzione del motetto verso la propria naturale conclusione, disegnando una sorta di “arco psicologico” che si apre e si chiude in un’atmosfera di grande struggimento.

1. Lo struggimento dell’amata (batt. 1-19)

La prima parte esprime in modo magistrale lo struggimento d’amore al suono della voce dell’amato. Questa parte si basa su un impianto accordale per nulla statico - anzi, in costante evoluzione, in cui la parte dell’Alto gioca una parte fondamentale creando un costante movimento che insinua nel tessuto degli accordi una punta di inquietudine.

Questa prima parte è chiaramente suddivisa in tre distinte frasi, segnate dalle corone (batt. 1-5; 6-9; 10-19) e, come vedremo, questa scansione è fondamentale per l’espressività di questa prima parte del motetto.
Fin dall’inizio le prime due battute ci hanno dato l’idea di un particolare impeto, qualcosa di simile alle palpitazioni affrettate di un cuore innamorato che si lascia andare senza freni al sentimento. Ma ben presto questo impeto amoroso cede il passo allo struggimento totale dell’amata che pensa alla voce del suo amato.
La seconda frase, sul testo “liquefacta est”, segna l’inizio dello “scioglimento” o struggimento della musica, di un percorso armonico fluido e discendente. Di solito eseguiamo la seconda e la terza frase con un graduale rallentando, che accentua il senso di struggimento.
La terza frase, più lunga delle altre, prosegue e porta a compimento questo percorso musicale e affettivo. L’aspetto più importante per comprendere questa prima parte è il gioco armonico fra le tre frasi, in cui ogni frase incomincia con l’accordo che conclude la precedente, ma... stiamo a vedere dove questo gioco ci porta:
  • la prima frase inizia e finisce con un accordo di tonica (banalizzando e modernizzando, per intenderci, lo potremmo definire un accordo di F maggiore);
  • la seconda frase inizia con lo stesso accordo di tonica (F maggiore) e si conclude con un accordo di dominante (C maggiore);
  • la terza frase inizia con lo stesso accordo di dominante (C maggiore) e, dopo una cadenza (batt. 16) in tonalità minore, si conclude con un accordo di sottodominante (B♭ maggiore).

Nel complesso, quindi, la prima parte si basa su una sorta di spirale armonica discendente (tonica - dominante - sottodominante), che potrebbe essere visualizzata come una scultura di cioccolato che si scioglie al calore del sole, mentre gradualmente le sue forme originali si afflosciano e si appiattiscono in una pozza di cioccolato fuso. E in questo particolare gioco armonico risiede, secondo noi, il cuore dell’intensità espressiva della prima parte.


2. Una ricerca concitata (batt. 20-30)

Nella seconda parte il motetto “rialza la testa” armonicamente, tornando a un’armonia di tonica. Questa parte consiste di due duetti con imitazione molto ravvicinata (BT e SA), concitati, che bene esprimono la ricerca infruttuosa dell’amato da parte dell’amata:

quaesivi et non inveni illum
vocavi et non respondit mihi.

Qui cerchiamo di effettuare uno stacco netto tra l’esecuzione languida della parte precedente e la ricerca affannosa e preoccupata espressa in queste battute.


3. Un barlume di speranza (batt. 29-43)

A questo punto l’amata si rivolge alle “figlie di Gerusalemme” per chiedere - anzi, supplicare - il loro aiuto. Ora nasce la speranza di trovare finalmente l’amato. Come la seconda parte consiste esclusivamente di duetti, come per indicare che l’amata è sola con la sua ricerca, la terza parte (ed essa soltanto) è caratterizzata da tre episodi imitativi a quattro voci, che sembra essere la scelta tecnica con cui l’autore esprime il rinascere della speranza e delle forze nella fanciulla innamorata.
Nel primo episodio imitativo (batt. 29-35), certamente non a caso, il motivo inizia con un intervallo di quinta ascendente (a parte il Basso, che imita inversamente, ma la quinta discendente è subito seguita da una quinta ascendente), come se volesse suggerire che la fanciulla ha rialzato la testa per cercare una soluzione al suo problema. Rimane il carattere concitato della seconda parte: evidentemente l’amata sta facendo tutto il possibile per ritrovare il suo amato, ma i suoi pensieri sono dominati dal timore di non trovarlo. Alla battuta 33 il Tenore ha una breve scala che movimenta ulteriormente l’episodio delle figlie di Gerusalemme. Si tenga presente che negli esempi che seguono abbiamo omesso le parti estranee all’episodio in questione (fine della frase precedente, inizio dell’episodio successivo).

Il secondo episodio imitativo (batt. 35-40) è straordinario nella sua costruzione: l’imitazione è, ancora una volta, ravvicinata e il motivo, a intervalli disgiunti, inizia con una sorta di fanfara. Il risultato è sorprendente, completamente un altro mondo dal punto di vista musicale ed espressivo rispetto alla prima parte. Del resto, in questo secondo episodio della terza parte l’amata sta valutando la possibilità che le figlie di Gerusalemme trovino il suo amato (si inveneritis dilectum meum).

Il terzo episodio imitativo (batt. 40-43) scioglie la tensione e il rigore architettonico dei due precedenti (a partire dal fatto che le entrate imitative sono in effetti tre, perché il Soprano e il Basso avviano insieme l’episodio), introducendo il pathos della terza parte.


4. Nuovo struggimento d’amore (batt. 42-48)

Cosa devono dire all’amato le figlie di Gerusalemme, nel caso lo trovino? Che la fanciulla si sta struggendo d’amore. Ecco, ora l’amata torna a concentrarsi su se stessa, sul suo struggimento d’amore. Dopo un percorso musicale-poetico-affettivo con una notevole escursione, il cerchio si chiude. E si chiude il motetto, con un finale languido e sensuale, in cui si torna alle stesse scelte stilistiche che hanno caratterizzato la prima parte, mentre gli accordi scivolano l’uno sull’altro riproponendo un arco armonico discendente simile a quello della prima frase della prima parte (ma con una partenza molto più indefinita, in continuità con la conclusione della terza parte), chiudendosi su un accordo di dominante (per intenderci, C maggiore) che lascia tutto in sospeso, come in attesa di un profondo sospiro d’amore - che, bontà nostra, vi lasceremo immaginare...